Il Karakum è uno dei deserti più estesi dell’Asia centrale. Occupa oltre il 70 % del territorio del Turkmenistan, coprendo una superficie totale di circa 350.000 km quadrati, ed è noto in tutto il mondo per alcune caratteristiche uniche. Nel Karakum si possono trovare: creste di sabbia accumulate per via dei forti venti che possono raggiungere anche i 90 metri di altezza, i Takyr, ovvero delle depressioni interdunali che, a causa della loro composizione e conformazione, hanno la funzione di raccogliere le scarse precipitazioni della regione e le dune barkhan, ovvero dune a forma di mezzaluna prodotte dall’azione del vento e che segnano l’avanzamento laterale della sabbia, che spesso raggiungono i 9-10 metri di altezza.
Le uniche acque che arrivano nel deserto del Karakum, oltre alle scarse piogge che si verificano durante l’anno, sono quelle dei fiumi Tejen e Murgab, che scendono dalle montagne dell’Hindu Kush a sud, del fiume Amu Darya che arriva da nord-est, anche grazie ad un canale di irrigazione artificiale, peraltro il più lungo del mondo, la cui costruzione cominciò nel 1954 e terminò nel 1988. Questo canale è infatti lungo quasi 1.400 km ed è stato costruito per irrigare molti territori prima desertici della regione e permettere la disponibilità di una maggiore quantità di acqua per la capitale Ashgabat. Secondo alcuni studiosi, però, più che benefici, tale opera ha apportato molti effetti collaterali sul territorio, provocando, con la forte dispersione ed evaporazione delle acque fuoriuscite dal canale, una consistente salinizzazione del suolo. Allo stesso tempo, questo canale è stato considerato come uno dei principali artefici del disastro del lago d’Aral.
Le maggiori precipitazioni, spesso inferiori ai 200 mm annui,si hanno solitamente tra il tardo autunno, l’inverno e la stagione primaverile. In inverno, l’ampia area desertica, essendo aperta agli influssi gelidi che scivolano dall’Artico russo e dai bassopiani siberiani, può essere interessata da nevicate, che possono dipingere di bianco il Karakum. In primavera, specie da Marzo a Maggio, la regione è spesso soggetta a condizioni di forte instabilità e da venti molto impetuosi per i notevolissimi contrasti termici che si realizzano sul territorio turkmeno. Durante la stagione estiva e nel mese di Settembre il clima nel Karakum si presenta molto secco e piuttosto caldo, con la temperatura dell’aria che può facilmente toccare e superare il muro dei 35°/40° all’ombra. garantendo cieli sereni o poco nuvolosi.
Questo deserto è noto soprattutto per il cosiddetto cratere di Darvaza (conosciuto anche come la porta dell‘inferno), dove viene costantemente bruciato il gas naturale presente nel sottosuolo della regione.
Il cratere è situato vicino al piccolo villaggio di Derweze, che si trova a circa 260 km a nord della capitale Ashgabat, un villaggio che, curiosamente, in turkmeno significa proprio “porta” e conta circa 350 abitanti.
Questo enorme cratere non ha un’origine naturale: fu aperto casualmente nel 1971 da geologi sovietici venuti nell’area in cerca di giacimenti di petrolio e gas naturale.
Essi ubicarono una piattaforma di perforazione nella zona ma il terreno sotto la piattaforma crollò aprendo questa voragine piena di gas naturale ed inghiottendo tutte le attrezzature degli scienziati. L’incidente fortunatamente non causò vittime fra i ricercatori, ma il timore che si potesse diffondere gas velenoso nella zona, mettendo a rischio le popolazioni che vivevano a ridosso dell’area, condusse i geologi ad innescare l’incendio nella speranza che il fuoco consumasse tutto il gas presente all’interno della caverna nel giro di qualche giorno. Sicuramente questi geologi non avrebbero mai immaginato che le fiamme potessero bruciare così a lungo.
Allo stato attuale, il cratere presenta un diametro di circa 60–70 metri e una profondità di circa 20 metri; tra le popolazioni locali si è diffusa la credenza che si tratti addirittura di un fenomeno soprannaturale, proprio a causa del lungo periodo in cui le fiamme continuano ad autoalimentarsi.
In ragione del continuo bruciare di gas, il bagliore che nasce dal foro è visibile, di notte, da chilometri di distanza. Ciò ha fatto sì che, nonostante l’isolamento e il forte odore sulfureo esalato dalle fiamme che pervade tutta la zona, la “porta dell’inferno” diventasse una fra le mete turistiche più visitate del Turkmenistan. Sono infatti decine di migliaia le persone che da diversi anni hanno deciso di visitare questa bizzarra attrattiva, trascorrendo la notte nei pressi del bordo del cratere e accampandosi nelle immediate vicinanze per una esperienza decisamente particolare.
Di seguito il link ai nostri viaggi in Turkmenistan per scoprire la “porta dell’inferno”.