Il nostro articolo continua con gli avvenimenti storici principali che si sono verificati lungo la rotta della via della Seta.
L’impero mongolo e l’ultimo periodo di prosperità
Nel 1206, Gengis Khan, dopo aver sottomesso tutte le tribù turco-mongole del khanato Khamag (l’odierna Mongolia) proclamò la nascita dell’impero mongolo. Dal momento della sua proclamazione, egli si dedicò alle conquiste militari, a partire proprio dalla Cina, la cui conquista avvenne nel 1234 dopo la sua morte e dopo aver lasciato istruzioni su come completare la distruzione dell’impero cinese. Oltre alla Cina, le sue mire espansionistiche si rivolsero verso ovest, con l’annessione della regione della Corasmia, che si estendeva a cavallo degli odierni Afghanistan, Uzbekistan, Kyrgyzstan, Iran, Tajikistan e Turkmenistan e poi arrivando fino al Caucaso e all’Europa orientale. Contestualmente progettò l’espansione anche verso nord, aumentando il territorio dell’impero annettendo alcuni principati russi.
Dal momento che la quasi totalità dei territori che venivano attraversati dal tragitto della via della seta erano stati conquistati da Gengis Khan e dai suoi successori, i commerci lungo la via ripresero all’interno di un ambiente politico coeso e sicuro e questo ha facilitato sia le comunicazioni che gli scambi tra l’Asia nord-orientale, l’Asia sud-occidentale musulmana e l’Europa.
Fu soprattutto grazie ad uno dei nipoti di Gengis Khan, Kublai Khan, il quale fondò la dinastia Yuan e ripristinò l’impero cinese, che gli scambi lungo la rotta ripresero con rinnovato vigore proprio a causa della crescita economica dell’impero. Questo periodo è stato definito dagli studiosi con il termine Pax mongolica: l’impero mongolo era sottoposto ad un rigido controllo e le ribellioni di qualunque genere erano pesantemente punite. La via della seta fu riaperta e i traffici, sempre sotto lo stretto controllo dei mongoli, fiorirono. I prezzi dei beni scambiati diminuirono e questo agevolò soprattutto i commercianti europei che ripresero i loro commerci lungo la direttrice est-ovest ma anche i viaggiatori, i quali poterono muoversi con relativa facilità permettendo, grazie alle loro descrizioni, una maggiore conoscenza dei territori attraversati.
Tra gli scritti dei viaggiatori dell’epoca, che riuscirono a recarsi all’interno dell’impero, si ricordano, a parte la straordinaria descrizione di Marco Polo, tra gli altri soprattutto Giovanni da Pian del Carmine, missionario autore di un resoconto del suo viaggio in Mongolia, Guglielmo di Rubrick, religioso e missionario fiammingo il cui resoconto del viaggio viene considerato uno dei capolavori della letteratura geografica medievale, Odorico da Pordenone, altro religioso che racconterà il suo viaggio in Asia minore fino alla Cina e all’India. Non mancano anche esempi di scritti di autori stranieri, tra i quali viene ricordata invece la narrazione fatta da Ibn Battuta, di origine marocchina, il quale attraverso tre viaggi della durata complessiva di circa 30 anni, ebbe modo di raccontare molti dei luoghi presenti sulla rotta della via della seta.
Declino finale della Via della Seta
Come velocemente l’impero mongolo era diventato il più vasto impero della terra nel giro di circa 70 anni, così velocemente lo stesso impero collassò frantumandosi in molteplici principati locali.
L’origine di questo declino fu dovuto principalmente alla caduta della dinastia Yuan in Cina: il malessere della popolazione sfociò infatti in una rivolta che costrinse gli Yuan a ritirarsi di nuovo verso le steppe della Mongolia nel 1368 lasciando il campo alla dinastia Ming. Questi, nonostante alcune premesse fossero favorevoli allo sviluppo del commercio e del ruolo dei commercianti, precedentemente penalizzati, dopo il 1400 iniziarono una politica di isolamento e chiusura specie verso gli stranieri, politica che comportò, allo stesso tempo, una totale chiusura della rotta della via della seta, interrompendo, di fatto gli scambi commerciali.
Altro fattore importante fu l’ascesa al potere di Osman, considerato il fondatore della dinastia ottomana, il quale da un piccolo principato anatolico, nel 1299 creò le basi dell’impero ottomano, che divenne uno degli imperi più importanti nel periodo medievale e della storia in generale. Tale impero prese il controllo del Medio Oriente e di parte dell’Asia centrale, determinando uno spostamento degli equilibri e dei controlli delle rotte commerciali.
Nonostante lo sviluppo e la crescita dell’impero ottomano, molti dei principati locali all’interno dell’impero, data la loro lontananza con il potere centrale e quindi, relativamente sicuri dell’impunità, traevano le loro ricchezze anche dal taglieggiamento dei commercianti che dovevano attraversare le loro terre oltre che dal rapimento dei viaggiatori, che poi venivano venduti come schiavi sui loro mercati. Di fatto, in questo modo, gli stessi commercianti non considerarono più sicuro né tantomeno fruttifero percorrere gli itinerari terrestri tradizionali della rotta che, a poco a poco, iniziarono ad abbandonare a favore di alternative più sicure e remunerative.
Non bisogna dimenticare, infatti, il crescente aumento delle potenze marittime, quali la Spagna e il Portogallo, e la sempre instabile situazione politica dell’Oriente: la caduta di Costantinopoli nel 1453 determinò il passaggio agli ottomani del controllo delle preziose merci che giungevano in Europa dall’Asia pertanto si rese obbligatoria l’esigenza di trovare vie alternative per giungere in India e in Cina.
Nel 1497 Vasco de Gama partì da Lisbona e doppiò il Capo di Buona Speranza, all’estremo sud del continente africano, per poi risalire le coste del Mozambico e del Kenya; da qui egli attraversò l’oceano indiano e arrivò al porto di Calcutta. Questa impresa rappresentò il punto di inizio della creazione dell’impero portoghese in Africa e in Asia , con l’apertura di ulteriori punti di scambio commerciali ma anche della nuova frontiera dei commerci via mare, più sicuri e più veloci e quindi anche più remunerativi.
Dopo il 1500 quindi, la via della seta decadde irrimediabilmente a favore di nuove rotte commerciali che si svilupparono anche grazie alle nuove scoperte geografiche.
Un pò di geografia
La via della seta non è un itinerario singolo, bensì un’insieme di rotte che procedevano lungo la direttrice oriente-occidente. Le principali, specialmente tenuto conto delle origini, erano naturalmente le rotte terrestri ma, successivamente, accanto ad esse, si svilupparono anche delle vie fluviali e, soprattutto, delle vie marittime, creando così una sorta di vero e proprio “reticolato”.
Le vie terrestri
La via della seta terrestre, per consuetudine, si divideva in due rami, uno definito settentrionale e l’altro meridionale. Entrambe avevano lo stesso punto di partenza, la città di Chang’an (l’odierna Xi’an) e il punto di arrivo era Costantinopoli e il mar Mediterraneo e, da lì, fino a Roma.
Rami settentrionali
Il ramo settentrionale, come già anticipato, inizialmente partiva dalla città di Chang’an ovvero l’odierna Xi’an, mentre in seguito il punto di partenza fu spostato alla città di Luoyang, dopo che la capitale fu spostata dagli imperatori Han per motivi di sicurezza. Dalla capitale si procedeva in direzione nord ovest attraversando l’attuale provincia cinese del Gansu fino a Dunhuang, importantissimo centro in quanto ultima oasi per potersi rifornire prima della separazione della grande via in due diramazioni, necessarie per evitare di attraversare il deserto. A partire da questa città, infatti, la rotta si divideva in più rami. Il primo itinerario aggirava il deserto Taklamakan a sud (ai piedi del Tibet) mentre un secondo itinerario invece lo aggirava a nord (ai piedi del Tien Shan). Questi due rami si riunivano poi nella città di Kashgar.
Lasciata la città di Kashgar, le rotte procedevano in direzione ovest dividendosi nuovamente seguendo principalmente un itinerario meridionale che scendeva lungo la valle dell’Alai verso Termez (nell’attuale Uzbekistan) e Balkh (Afghanistan), e un itinerario settentrionale che attraversava Kokand nella valle di Fergana (nell’attuale Uzbekistan) e poi il deserto del Karakum. Questi due itinerari si riunivano alla principale rotta del ramo meridionale prima di raggiungere l’antica Merv, nell’odierno Turkmenistan. Un terzo itinerario, invece, raggiunta la città di Turpan, sempre nello Xinjang cinese, attraversava il sistema montuoso del Tien Shan in direzione di Almaty (nell’odierno Kazakistan). Tutti questi percorsi si riunivano poi nell’antica regione della Sogdiana, a cavallo tra l’odierno Uzbekistan, Turkmenistan e Tajikistan e precisamente a Merv. La rotta proseguiva poi alla volta dell’Iran e, quindi prendeva la direzione del mar Mediterraneo verso Costantinopoli e, da lì, verso Roma.
Rami meridionali
Il ramo meridionale, invece, pur partendo dallo stesso punto di inizio, ovvero la città di Xi’an o la città di Luoyang, attraversava la Cina e le regioni dello Yunnan e del Sichuan scendendo verso la catena montuosa del Karakorum, lungo un tracciato che ancora oggi vede la presenza di una strada, la cosiddetta “strada del Karakorum”, per dirigersi verso il Pakistan. Una volta in Pakistan, l’itinerario proseguiva alla volta di Peshawar, uno dei più importanti punti di snodo della via della seta; da questa città, la rotta proseguiva sempre via terra, per ricongiungersi al ramo settentrionale presso la città di Merv, nell’odierno Turkmenistan, oppure proseguiva in direzione sud per raggiungere l’oceano indiano e i vari porti sulla costa da dove le merci venivano imbarcate per poi proseguire lungo l’itinerario marittimo.
Le vie marittime e fluviali
Rami marittimi
Sebbene le origini delle rotte della via della seta siano state terrestri, già al tempo di Alessandro Magno esistevano degli itinerari marittimi utilizzati per il trasferimento delle merci. Anche per il ramo marittimo, il punto di inizio ovviamente, erano sempre le città dell’impero cinese ma, una volta intrapreso l’itinerario meridionale e raggiunto quindi l’odierno Pakistan, le carovane puntavano verso sud in direzione dell’Oceano Indiano e dei porti lungo la costa del subcontinente indiano.
Una volta imbarcate le merci, il tragitto proseguiva lungo le coste per dirigersi verso il golfo dell’Oman e il golfo Persico, dove si riprendeva la via terrestre per raggiungere la città di Baghdad, oppure si risaliva il Mar Rosso, dove si riprendeva la via terrestre per raggiungere Alessandria e il suo porto per attraversare il mar Mediterraneo oppure, in alternativa, si proseguiva verso le coste somale dell’Africa.
Rami fluviali
Lungo gli itinerari terrestri, naturalmente, le carovane si potevano trovare di fronte alcuni fiumi, i quali, data la loro lunghezza, la loro ampiezza, il loro percorso e la facile navigazione, sono stati utilizzati per agevolare il tragitto. Non rappresentavano, quindi, un vero e proprio itinerario quanto piuttosto un utile complemento alla rotta terrestre.
In alcuni casi, il percorso dei fiumi rappresentava una sorta di sotto-ramo degli itinerari che permetteva di raggiungere ulteriori destinazioni ampliando, di fatto, la rete dei collegamenti della via della seta.
Uno dei percorsi più importanti era quello del fiume Amu Darya, uno dei più lunghi dell’Asia centrale con i suoi 2650 chilometri, di cui almeno 1450 navigabili. Conosciuto nell’antichità con il nome di Oxus, il fiume sorge nelle montagne del Pamir e, dopo aver attraversato diverse nazioni, quali Afghanistan, Tajikistan, Uzbekistan e Turkmenistan, sfociava nel lago d’Aral, anche se oggi, a causa dell’intenso sfruttamento idrico, lo stesso fiume non riesce più a raggiungere il lago e si perde letteralmente nel deserto. Viaggiando lungo il fiume Amu Darya si raggiungeva il mar Caspio e, quindi, la penisola di Crimea, dalla quale, attraverso il mar Nero si poteva arrivare a Costantinopoli e poi in Italia, a Venezia.
Insieme all’Amu Darya, era altresì importante il suo “gemello”, ovvero il Syr Darya, conosciuto nell’antichità con il nome di Iassarte. Navigare lungo questi fiumi rappresentava una valida alternativa all’attraversamento dei deserti, con un risparmio di tempo e di risorse.
III parte – continua