Il Myanmar è uno stato multilingue e multietnico, tanto che sono state censite oltre un centinaio di etnie all’interno del territorio dello stato. Di fronte a questo crogiolo di razze, da un punto di vista governativo, infatti, lo stato riconosce otto gruppi etnici principali, a loro volta suddivisi in 135 gruppi etnici indigeni. I principali gruppi sono: il bamar (o birmano) che rappresenta il gruppo maggioritario con circa il 70% della popolazione, gli Shan, i Karen, i Rakhine, i Cinesi, i Chin, i Mon e gli Indiani.
I Karen costituiscono un gruppo etnico concentrato soprattutto in Myanmar (dove si contano circa 4 milioni di appartenenti) ma anche nella vicina Thailandia (dove si contano circa 400.000 individui). Gruppi più piccoli si trovano anche in India, mentre è trascurabile, dopo la fine della seconda guerra mondiale, la loro presenza in altri luoghi.
Una storia travagliata
Questo popolo si ritiene sia originario del Tibet e delle steppe della Mongolia da dove giunse nelle attuali sedi intorno al VI secolo a.C. dopo una lunga migrazione durata centinaia di anni. Il loro arrivo nell’odierno Myanmar è simbolicamente indicato nel 739 a.C., anno dal quale fanno partire il loro calendario.
La loro religione principale è il buddismo, ma presso di loro sono presenti diverse minoranze cristiane, sia cattoliche che protestanti, insieme ad altre ancora che seguono delle particolari pratiche derivate da quello che è stato definito come il cattolicesimo orientalizzato.
La loro lingua è la lingua karen, che è molto simile al birmano e ha un alfabeto caratterizzato dagli stessi caratteri.
La storia dell’etnia Karen è caratterizzata dal conflitto con il governo centrale di Naypyidaw a causa della negata indipendenza nazionale e della contemporanea repressione nei loro confronti. Tuttavia, la zona del territorio dove vivono, lo Stato Kayin, gode di una formale autonomia. La loro capitale è la cittadina di Pa-An, che con i suoi circa 40.000 abitanti, è l’unico centro cittadino di rilievo, mentre la maggior parte delle persone di etnia karen vive in villaggi.
Nell’epoca moderna, durante la Seconda guerra mondiale, i Karen combatterono contro l’esercito di indipendenza birmano che appoggiava i giapponesi, rimanendo fedeli alla corona britannica, sotto la quale nei decenni precedenti avevano potuto godere di una certa benevolenza. Questo fu all’origine del riesplodere virulento delle annose tensioni tra il popolo Karen e la popolazione Burma. Come conseguenza di ciò vennero distrutti diversi villaggi e perpetrati dei veri e propri massacri di cui furono responsabili sia le forze di occupazione giapponesi che i miliziani dell’Esercito indipendentista birmano.
Al termine del conflitto mondiale nella popolazione Karen c’era la certezza che, grazie al loro contributo nella lotta contro i giapponesi, e la sconfitta di questi ultimi, avrebbero potuto ottenere la propria indipendenza e il riconoscimento del loro stato. Durante il processo di decolonizzazione dell’impero britannico, successivo alla fine della guerra, nel marzo del 1946 si tenne la prima Conferenza di Panglong, nel nord-est della Birmania, per decidere le sorti delle 135 minoranze etniche al momento in cui i britannici avrebbero abbandonato il paese. In quell’occasione i delegati karen chiesero la formazione di uno stato separato e indipendente che comprendesse tutte le aree dove i karen erano presenti come minoranza.
Alla seconda Conferenza di Panglong, tenutasi nel febbraio del 1947, fu trovato un accordo tra Aung San, vice presidente del consiglio della Birmania, e i rappresentanti di 23 importanti minoranze etniche, il quale garantiva pari diritti per le minoranze etniche e una larga autonomia alle “aree di frontiera”. A Panglong però i karen inviarono solo 4 osservatori, continuando a sostenere la loro richiesta di uno stato indipendente.
Il 19 luglio 1947 Aung San venne assassinato dai sicari dei suoi avversari politici. Nel 1948 la Birmania ottenne l’indipendenza dall’Impero britannico. La nuova costituzione prevedeva la possibilità per le ‘regioni etniche’ di indire un referendum per decidere l’eventuale secessione dall’Unione dopo 10 anni.
Il governo di U Nu, eletto come successore di Aung San, si ritrovò a combattere contro una serie infinita di insorgenze, le principali sono quelle portate avanti dagli stessi karen e dai comunisti. La guerra civile in cui sprofondò la Birmania solo dopo pochi mesi dall’ottenimento dell’indipendenza, in pratica, non è ancora terminata. È dal 1949 infatti, che i Karen iniziarono ad essere perseguitati dal governo birmano.
Da allora si sono susseguiti momenti di tensione, alternati a momenti di relativa pace grazie a fragili tregue e cessate il fuoco, ma anche momenti di scontri armati veri e propri. Negli anni ’60 il governo birmano, dopo un colpo di stato che ha portato al potere un regime militare, ha addirittura adottato una politica discriminatoria e molto aggressiva, volta a ridurre o, ancora peggio, ad annientare i Karen.
In un rapporto dell’organizzazione internazionale “Human Rights Watch” si calcola che dal 1960 i civili sfollati nella sola regione dei Karen sono stati oltre un milione e dall’inizio del 2006 sono stati distrutti quasi trecento villaggi, tanto che sono oltre centomila le persone che sono dovute fuggire di fronte ai continui attacchi dei militari birmani.
Nel 1990 a causa del riacutizzarsi del conflitto con il regime militare birmano, molte tribù si sono rifugiate in Thailandia. Una decisione dolorosa e sofferta per un popolo profondamente legato alla terra, da cui trae anche la propria principale fonte di sostentamento, ma resa necessaria dall’oppressione esercitata per decenni dal regime militare birmano, e dal rischio per l’incolumità di molti abitanti dei villaggi.
Purtroppo, proprio quest’anno, un nuovo colpo di stato militare ha nuovamente rovesciato il governo, che faticosamente era stato costituito grazie alle elezioni legislative. Questo fatto ha portato alla repressione delle proteste ma anche al rialzarsi della tensione con i vari gruppi etnici maggioritari.
Karen e Kayan
Come già anticipato, all’interno dei gruppi etnici considerati principali, esistono dei “sottogruppi” indigeni che costituiscono il grande mosaico delle etnie all’interno del paese: I Karen non fanno eccezione, anzi, è proprio uno dei gruppi indigeni che li ha resi particolarmente famosi al di fuori dei confini dello stato. I Kayan, chiamati anche Padaung, sono infatti,un’etnia della popolazione dei Karen.
Non si tratta di un gruppo omogeneo, ma di un insieme di tribù, ognuna con delle proprie caratteristiche e una propria lingua. Sono comunemente conosciute come le tribù delle donne dal lungo collo o donne giraffa, per via degli anelli di ottone che le donne della tribù portano al collo sin da bambine. Padaung appunto, in lingua birmana, significa “lungo collo”. L’etnia Kayan, a sua volta, si suddivide in diversi gruppi: Kayan Lahwi (o Padaung), Kayan Ka Khaung (o Gekho), Kayan Lahta, Kayan Ka Ngan, Kayan Gebar, Kayan Kakhi e il popolo Bwe (o Kayaw). Il più famoso di questi gruppi è sicuramente il Kayan Lahwi, appunto conosciuto in tutto il mondo per la tipica tradizione di allungare il collo con anelli di ottone.
Le donne Kayan
Le donne di questa etnia sono universalmente conosciute con il soprannome di donne giraffa: tradizionalmente, infatti, esse sono solite indossare degli anelli di ottone, il cui numero cresce con l’avanzare dell’età, a partire dal compimento del quinto anno. Il peso di questi anelli può arrivare anche fino a 20 kg e l’effetto che si ottiene è quello di un collo allungato come le giraffe.
In realtà non è il collo ad essere sottoposto ad allungamento bensì la pressione sulle spalle degli anelli che spinge clavicola e costole superiori verso il basso conferendo l’aspetto che conosciamo alla struttura del corpo di queste donne. Gli anelli, nel corso degli anni, indeboliscono totalmente i muscoli del collo che diventano inabili a sorreggere la testa. Per questa ragione, in caso di adulterio, una delle punizioni maggiormente impartite alle donne è proprio l’eliminazione degli anelli, costringendole a trascorrere il resto della loro esistenza sdraiate.
Come sempre dietro ad ogni costume vi è la necessità di affermare la propria identità culturale e di differenziarsi dalle altre tribù, e per questo motivo, nel corso degli anni, sono nate varie tesi che hanno provato a dare una spiegazione delle origini di questa particolare usanza. Secondo alcuni è frutto di antiche leggende che legano tali popolazioni ai dragoni Naga; secondo altre tesi si tratterebbe invece di un sistema pensato per difendere le donne delle tribù dagli attacchi delle tigri, un animale da sempre molto presente in questi territori. Altre teorie sostengono che un collo più lungo è un simbolo di grande bellezza e ricchezza ed è un modo per attrarre gli uomini e quindi convolare a nozze con un partito migliore.
Nonostante le varie tesi, anche molto differenti tra di loro, e qualunque sia la verità che si cela dietro a questa tradizione ancestrale, le donne, come tutti i componenti dell’etnia, dimostrano ancora oggi di aver conservato un forte legame non solo con la terra di origine, ma anche con il proprio passato, che purtroppo è stato costellato di eventi molto drammatici.
Conosciuta principalmente per le donne giraffa, la cultura dei Karen presenta però altre arti e tradizioni. La musica, ad esempio, è un’arte fondamentale per le tribù Kayan e per questo nei villaggi è possibile vedere tante donne dilettarsi a suonare strumenti musicali. Anche il legame con il mondo animale ha radici molto antiche tanto che i Kayan sono considerati infatti abili maestri esperti nell’addestramento degli elefanti.
Anche se oggi molti membri si sono convertiti al cristianesimo e ad altre religioni, la tradizionale religione praticata da queste tribù è basata su una serie di credenze e leggende, tra cui quella che afferma che i Kayan si siano originati dall’unione tra una femmina di drago e una creatura mitologica metà angelo e metà umana.
Durante tutto l’anno i Kayan organizzano vari festival ed eventi legati alla propria religione originaria e uno dei più importanti è il festival Kay Htein Bo, che dura 3 giorni e si tiene a fine marzo o all’inizio di aprile. Secondo le leggende dei Kayan, il mondo si creò quando il dio della creazione impiantò un palo nel terreno e per questo durante le celebrazioni viene eretto un palo ricavato da un albero e i partecipanti si divertono a ballare intorno ad esso al ritmo della musica. Oltre ad essere un momento di preghiera molto importante, rappresenta anche un’occasione per le varie tribù kayan per riunirsi e stare insieme.
In conclusione, noi non vogliamo prendere le parti del governo birmano oppure della minoranza e non vogliamo nemmeno discutere sulle ragioni che hanno portato al conflitto; noi vogliamo soltanto sottolineare che, sicuramente, l’etnia Karen e Kayan sono minoranze che meritano di essere conosciute, così come meritano di essere conosciute la loro storia, i loro usi e costumi e le loro tradizioni senza filtri e, soprattutto senza pregiudizi.
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