La via della Seta per millenni ha rappresentato un’importante via di comunicazione tra popoli, regni e civiltà, dove non solo le merci ma anche beni immateriali quali religioni, filosofie hanno viaggiato lungo la direttrice est-ovest e viceversa. Per terminare il nostro lungo viaggio lungo la Via della Seta, non poteva mancare una riflessione su quello che sono le attuali prospettive e sui progetti attuali e futuri che riguardano i paesi che, direttamente o indirettamente, sono coinvolti in questa rotta storica.
La “BRI” ovvero la nuova via della Seta
Durante un viaggio lungo quella che un tempo era nota come Via della seta, il Presidente cinese Xi Jinping ha visitato le repubbliche centro-asiatiche, partendo dal primo partner della Cina per investimenti diretti ovvero il Kazakistan. Il discorso tenuto da Xi presso l’Università Nazarbayev di Astana nel 2013, ha posto l’accento sul rilancio dei rapporti economico-culturali che legavano l’Asia Centrale e la Cina durante il passato splendore della Via della seta, puntando alla rinascita dei fasti della stessa. Centrale per il rilancio dell’area sarebbero il libero transito di merci, l’abbattimento di barriere doganali, la piena convertibilità delle valute e una modernizzazione delle infrastrutture logistiche.
Questa nuova iniziativa strategica della Repubblica Popolare Cinese per il miglioramento dei suoi collegamenti commerciali con i paesi dell’Europa e dell’Asia è stata ribattezzata con l’acronimo inglese di “BRI” ovvero “Belt and Road Initiative” oppure con l’acronimo di “OBOR”, ovvero “One Belt, One Road” ed è stata presentata come la nuova via della Seta del XXI secolo.
Le macro aree interessate da questo faraonico progetto, per la realizzazione del quale sono stati stimati investimenti per oltre 900 miliardi di dollari, comportano la presenza di ben 65 nazioni che, a vario titolo, hanno mostrato il loro interesse verso questa iniziativa. Il progetto secondo le intenzioni cinesi, dovrebbe essere terminato nell’anno 2049, in occasione del centenario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese: allo stato attuale, tale iniziativa ha finito per abbracciare oltre 120 paesi, che si sono resi disponibili, almeno nelle intenzioni, ad allineare i propri piani di sviluppo a quello cinese.
L’iniziativa del BRI (o OBOR) è supervisionata dalla Commissione nazionale di sviluppo e riforma, dal ministro degli affari esteri e dal ministro del commercio cinese. Il BRI ricopre un ruolo primario nei piani del governo di Pechino in quanto considerato fattore coadiuvante agli obiettivi di lungo periodo di raddoppiamento del PIL cinese e di creazione di nuovi legami internazionali, già enunciati a marzo 2016 con la pubblicazione del 13° piano quinquennale.
Questa nuova via della seta prevede due percorsi ben distinti: il percorso terrestre e il percorso marittimo. Il percorso terrestre dovrebbe comprendere tre diverse rotte che mirano a connettere la Cina con l’Europa, il Medio Oriente e il Sud-est asiatico e precisamente:
- una delle vie terrestri dovrebbe partire da Xi’an (la prima delle quattro antiche capitali Cinesi), anche da un punto di vista simbolico, per dare l’idea della continuità con l’antico percorso della via della seta. Da questa città, situata nel centro del paese, il percorso si dovrebbe snodare attraverso il centro dell’Asia, ossia attraverso nazioni quali Kazakhistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Kyrgyzstan ed oltre fino ad arrivare in Russia, a Mosca, per poi terminare nel Mar Baltico;
- Da Xi’an dovrebbe iniziare anche un secondo percorso terrestre che dovrebbe attraversare l’Asia centrale per proseguire poi verso il Medio Oriente, attraverso città come Islamabad (Pakistan), Teheran (Iran), Istanbul (Turchia);
- Infine una terza via che si dovrebbe dirigere verso il sudest asiatico, attraverso paesi quali Thailandia e Myanmar, finendo la sua corsa a Delhi in India.
Il percorso marittimo, invece, dovrebbe comprendere due rotte, entrambe con partenza dal porto di Fuzhou e dirette, la prima, attraverso l’Oceano Indiano, toccando la Malaysia, lo Sri Lanka, il mar Rosso fino al canale di Suez e collegando quindi i porti europei sul mediterraneo, tra i quali il porto italiano di Trieste, e poi, oltrepassando lo stretto di Gibilterra, anche i porti europei sull’oceano fino a Rotterdam, mentre la seconda dovrebbe connettere la Cina con le isole pacifiche attraverso il mare di Cina.
Sicuramente il progetto “One Belt One Road” si pone come una risposta alla politica statunitense volta a ristabilire una posizione di maggiore importanza in Asia, alla politica di standardizzazione giapponese, alla celere crescita economica dell’India oltre che a tentare di controllare e, se possibile, sottrarre alla Russia, zone di sovranità ed influenza, in particolare in Asia centrale.
Per la Cina, l’iniziativa mira allo sviluppo di legami internazionali per porre rimedio a tematiche quali l’assorbimento della sovraccapacità produttiva delle aziende locali e il mantenimento un’elevata percentuale di crescita del PIL, all’approvvigionamento di risorse oltre ad altri temi regionali.
Con la nuova via della seta, da un punto di vista diplomatico, la Cina si prefigge degli obiettivi fondamentali: il coordinamento politico, l’incremento della connettività e dei flussi commerciali fra i paesi, l’integrazione finanziaria e culturale tra i diversi paesi. Ma questo obiettivo decisamente ambizioso, non deve essere letto solo con gli occhi della nomenclatura cinese, in quanto è necessario saper valutare con obiettività le opportunità così come i rischi di un tale programma.
I paesi più importanti dell’UE, ma anche il Regno Unito, si collocano, infatti, tra lo scetticismo e l’aperta ostilità nei confronti del progetto cinese, a partire da Francia e Germania. Quest’ultima dovrebbe teoricamente essere il punto d’arrivo del principale corridoio intercontinentale immaginato dai cinesi, ma in assenza dell’adesione di Berlino, al momento i progetti prevedono un capolinea nella vicina Polonia.
Oltre a India, Giappone e grandi dell’Unione Europea, le critiche principali alla BRI provengono ovviamente dagli Stati Uniti ma anche da alcuni Paesi che avevano inizialmente scelto di farne parte e ne sono poi usciti dopo averla conosciuta dall’interno, come l’Australia.
L’accusa principale dei Paesi occidentali verso la BRI, infatti, è che si tratti in realtà di una trappola per attrarre i partecipanti in progetti destinati a fallire, così da caricarli di debiti e costringerli poi a ripagarli cedendo alla Cina risorse, territori o altri asset strategici.
Effettivamente, i primi anni di attuazione della Bri hanno già evidenziato qualche criticità, mostrando come l’esito della cooperazione sia tutt’altro che scontato. Innanzitutto, il Fondo monetario internazionale ha avvertito che in alcuni piccoli stati (come il Montenegro o le Maldive) i progetti legati alla Bri stanno rendendo insostenibile il debito pubblico. Ha fatto notizia il caso del porto di Hambantota, nello Sri Lanka, finito in mano ai cinesi perché il governo di Colombo non era riuscito a onorare i suoi impegni finanziari. Nel 2018, inoltre in Malaysia, il nuovo governo ha sospeso il progetto dell’East coast rail link, considerato troppo oneroso. Tutti questi esempi non hanno fatto altro che alimentare il vento delle polemiche da parte dei paesi contrari fin dall’inizio a questo mastodontico progetto.
Altre critiche, in particolare europee, si concentrano sugli aspetti sociali e ambientali. I primi riguardano le violazioni dei diritti umani e lo sfruttamento dei lavoratori coinvolti nei progetti infrastrutturali. I secondi si concentrano soprattutto sul ruolo cruciale che riveste il carbone all’interno del piano cinese, quindi in totale opposizione a quello che sono gli impegni di carattere mondiale per la riduzione dell’inquinamento.
Quello che è certo è che, dopo un impressionante successo iniziale, negli ultimi anni la Cina ha ridotto considerevolmente i propri investimenti verso l’estero. Ciò è in parte dovuto alle incertezze economiche collegate alla pandemia, ma un ruolo cruciale hanno senz’altro avuto le critiche sopraelencate e in particolare quelle sulla “trappola del debito”, che hanno spinto diversi Paesi a ridurre o ritirare la propria partecipazione, al punto che le originali ambizioni della Belt and Road Initiative al momento appaiono, se non compromesse, assai ridimensionate.
Conclusioni
Dal nostro punto di vista, non intendiamo dare una valutazione geopolitica oppure economica dell’iniziativa cinese del 2013 che, è bene ricordare, per il suo valore complessivo, supera di circa 12 volte l’importo economico che fu stanziato alla fine della seconda guerra mondiale al momento del lancio del piano Marshall. Quello che vorremmo fare presente è cosa ha rappresentato e cosa continua a rappresentare la via della seta da almeno 2000 anni a questa parte.
Gli scambi tra oriente e occidente lungo la Via della Seta hanno influenzato il corso della storia dal punto di vista non solo commerciale ma anche, se non soprattutto, culturale, religioso e tecnologico.
Nel corso dei secoli, tra i prodotti scambiati lungo la Via della Seta, seta e porcellana sono stati sicuramente i principali. La seta era la merce più preziosa poiché era leggera, facile da trasportare ed era pagata a peso d’oro già in epoca romana. La porcellana era invece più pesante e fragile, ma comunque molto apprezzata. Anche se il commercio della porcellana iniziò già con l’Impero Han, fu solo con l‘Impero Song e specialmente con l’Impero Ming che la fabbricazione e il commercio di questo materiale raggiunse il suo apice in Cina. Questi due imperi dinastici impegnati nel commercio della Via della Seta marittima, aumentarono la produttività ed esportarono la porcellana su larga scala.
Naturalmente, dobbiamo considerare anche le tecniche di produzione della seta e della porcellana, le quali, una volta svelato il procedimento, inizialmente segreto, furono alla base dei miglioramenti produttivi e qualitativi di quelle prodotte in Europa. In Cina invece arrivò il vetro e le tecnologie per produrlo, dei quali i veneziani erano i maestri indiscussi e ai quali si faceva riferimento per la produzione e il commercio.
Insieme alla seta e agli altri prodotti di origine orientale, quali, ad esempio le spezie, la frutta e le piante esotiche, i mercanti occidentali di ritorno dal viaggio lungo la Via della Seta importavano idee e tecnologie, ma, a loro volta, introducevano in Cina concetti scientifici e religioni occidentali. Tra le invenzioni cinesi più importanti importate in Occidente si possono nominare la carta e la polvere da sparo, elementi chiave che hanno fortemente condizionato la storia europea.
La carta è una delle grandi invenzioni cinesi. Si sviluppò durante la dinastia Han e raggiunse l’Europa nel XI secolo. La carta rivoluzionò l’editoria e la diffusione della cultura e della scienza: senza di essa e senza la successiva invenzione della stampa non avremmo avuto il Rinascimento né le rivoluzioni scientifiche e industriali.
La polvere da sparo, allo stesso modo, si sviluppò durante la dinastia Tang intorno al 900 d.C. Questa nuova e incredibile invenzione ha radicalmente cambiato il modo di fare la guerra e grazie a ciò si vide la nascita di nuovi regni e, di conseguenza, modifiche ai confini politici e territoriali. Con le nuove armi gli eserciti erano in grado di distruggere le fortificazioni delle città e i fanti potevano ferire mortalmente a distanza anche i cavalieri più armati. Fu proprio grazie ai cannoni, ad esempio, che i Turchi furono in grado di prendere Costantinopoli.
Altra invenzione importantissima che i cinesi fecero conoscere ai commercianti occidentali fu la bussola, grazie alla quale ci si poteva orientare sia per mare sia per terra. Questo strumento ha migliorato, in particolare, la navigazione facilitando i commerci marittimi e i viaggi per mare rendendoli più sicuri ed efficienti. Alla bussola, inoltre, poteva essere associata una meridiana che permetteva di conoscere l’ora solare durante il giorno, semplicemente osservando l’ombra prodotta dalla barra, perpendicolare all’ago, dopo che quest’ultimo si posizionava verso Nord.
Non c’è dubbio, inoltre, che le attività commerciali lungo la Via della Seta per molti secoli hanno facilitato la trasmissione non solo di beni materiali, ma anche di idee, cultura e religioni. Lo zoroastrismo, l’ebraismo, il buddismo, il cristianesimo, il manicheismo e l’Islam si sono diffusi in tutta l’Europa e l’Asia attraverso reti commerciali legate a specifiche comunità religiose e alle loro istituzioni.
Le invenzioni e le idee non furono le uniche novità inserite lungo la direttrice est-ovest della rotta della via della seta; anche le colture e il bestiame stesso ebbero un importante rilievo nello sviluppo delle nuove coltivazioni e degli allevamenti
Frumento, fagiolini, erba medica, sesamo, cipolle, cetrioli, carote, melograni, uva, pesche, fichi, angurie e altri tipi di prodotti vennero introdotti dall’Occidente e migliorarono la dieta della popolazione orientale. In senso opposto invece possiamo considerare, come esempi, il riso e il miglio, che arrivarono in Europa addirittura prima della nascita di Cristo.
Per quanto riguarda il bestiame, i cavalli dell’Asia Centrale erano molto apprezzati dai cinesi che li utilizzavano in cavalleria per combattere le tribù nomadi. Si può ragionevolmente affermare che la ragione principale per cui l’Imperatore Han iniziò il commercio sulla Via della Seta nel 139 a. C. fu proprio per ottenere questa razza di cavalli molto resistenti. Anche i cammelli erano apprezzati, soprattutto per i trasporti nel deserto, e le pecore per la produzione della lana.
Tuttavia, la via della seta, purtroppo non ha portato solo commercio, tecnologie e nuove idee scientifiche o religiose. Nonostante ci siano disaccordi tra gli studiosi in merito alla modalità della diffusione, c’è un certo consenso sul fatto che la peste bubbonica proveniente dalla Cina si diffuse in Europa attraverso la Via della Seta almeno per due volte nella storia. La prima volta intorno al VI secolo durante il regno dell’imperatore bizantino Giustiniano: si ritiene che probabilmente quasi metà della popolazione europea morì e che, di riflesso, questo potrebbe aver permesso agli arabi di conquistare facilmente e velocemente province bizantine nel vicino Oriente e in Africa. La seconda volta nel XIV secolo quando un grande numero di disastri naturali e pestilenze portarono una grave carestia in Cina. Si pensa che la peste bubbonica abbia ucciso milioni di persone nell’Impero Yuan prima che raggiungesse l’Europa nel 1347, forse attraverso l’esercito mongolo o i commercianti della Via della Seta. Questa epidemia uccise milioni di persone in Asia e in Europa ed è ricordata come la peggiore della storia.
La Via della Seta cadde in disuso alla fine del XV secolo, quando grazie alle iniziative dei portoghesi, cominciarono ad essere sviluppate le rotte commerciali via mare. Le navi, infatti, potevano trasportare più prodotti in maniera molto più veloce, a costi ridotti e, cosa molto importante, senza correre troppi pericoli, in particolare a causa dei predoni, quindi le rotte via terra furono lentamente abbandonate e, con esse, anche le rotte della via della seta.
Negli ultimi decenni invece, abbiamo assistito ad un aumento di viaggiatori che, spinti dalla voglia di avventure e dall‘antico fascino della Via della Seta, si sono diretti in Asia magari semplicemente con uno zaino in spalla, viaggiando via terra su treni, autobus o addirittura biciclette e motociclette. Tutte queste iniziative hanno portato ad una riscoperta delle rotte dell’antica via della seta e ad una maggiore attenzione verso quelle città che sorgevano lungo la rotta, con la loro storia e i loro monumenti.
Nuovi flussi turistici si sono sviluppati poi grazie alla apertura verso l’occidente di alcuni paesi, in particolare dopo la disgregazione dell’ex Unione Sovietica, e al progressivo aumento dell’interesse dei viaggiatori verso alcune località che, molto spesso, erano state nominate negli scritti dei viaggiatori medievali e al fascino esotico che hanno sempre accompagnato questi luoghi.
Sono sorti circuiti storico-archeologici alla scoperta di antiche civiltà e città attraverso progetti innovativi per scoprire monumenti e siti storici, potenziando le infrastrutture e approfondendo le tradizioni culturali così come le tradizioni gastronomiche. Regioni storicamente poco inclini al turismo hanno cambiato a poco a poco atteggiamento, permettendo così ai viaggiatori e ai turisti aperture e opportunità di visita che fino a pochi anni fa erano del tutto precluse. A questo bisogna aggiungere anche il progetto della Belt and Road Initiative: lo scopo di questa iniziativa, come abbiamo avuto modo di vedere, è decisamente politica, commerciale e finanziaria, ma, di riflesso, con l’aumento delle infrastrutture dedicate ai commerci, anche il turismo potrà approfittare di questa iniziativa ed aumentare le proprie opportunità.
Pertanto, possiamo concludere affermando che la via della seta è stata per secoli un grande veicolo di sviluppo delle civiltà, grazie agli scambi che sono stati effettuati lungo le proprie rotte di beni materiali e beni immateriali, ed è, ancora oggi, un formidabile esempio di collaborazione e cooperazione commerciale. Entrando nel dettaglio nel nostro settore, il turismo, possiamo affermare che la ricchezza storica e culturale di questi luoghi oggi è decisamente molto più accessibile e disponibile di quanto non lo sia mai stata in precedenza e che le opportunità di viaggio nei paesi che hanno fatto parte della via della seta sono molteplici. Organizzare un viaggio in questi luoghi rappresenta un intreccio di storia, arte, cultura e avventura: sta a noi scegliere semplicemente, in base ai nostri desideri e alle nostre aspettative, il viaggio più adatto e a vivere una esperienza unica e indimenticabile.
XIV parte – fine